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Claretta Frau

Claretta Frau

Sono nata in Sardegna. Ho cominciato a respirare poesia ascoltando mio padre che amava improvvisare in lingua sarda. a scrivere poesie a tredici anni. Lo faccio tuttora spinta da un bisogno quasi viscerale di mettere su carta i pensieri e le emozioni mie, più profonde. Mi piace ogni forma d’arte e ... (continua)


Nell'albo d'oro:
Del tuo amarmi la meraviglia
Sono piccoli dettagli
a fare di te la meraviglia.

La stessa
che mi fa indugiare
sulle iridi mai stanche
del tuo in me annegare.

Perdo il sentiero
se solo allunghi una mano
a sfiorarmi.

E quasi inciampo
nell’incavo del tuo cuore,
dove...  leggi...

L’ape e la rosa
Accarezzo l’istante
che nutre il ronzio
di uno sguardo
gentile.

Fra i sepali
la dolcezza trova dimora.
E tu - primavera
fai bene ad...  leggi...

Nei gesti gentili, l'amore
Non so se tu l’avverti
il trasporto
nel rivolo quieto
delle piccole mie gentilezze
di ogni giorno.

Son esse
come vigili...  leggi...

Bellissimo
È l’incanto.

Nelle tue mani
mi sciolgo.

Di me liquefatta
ti faccio dono.

Tutto di te
mi prendo.

E quando al fine
mi...  leggi...

Anime aride
Dispero
mentre cammino
su tappeti di biancospino.

La mano
non trova la porta.

Nel mare
il deserto.

È una...  leggi...

Il giorno che verrà
Se domani verrà,
avrà ancora il tuo volto.

E ci vedrà
padroni del gioco
spalancare le porte al mistero.

Per le vie del cielo
dove le stelle
incrociano il destino,
mirabili
i giorni,
seducenti
le...  leggi...

Il filo di Arianna
Si annuncia sempre
con un dolce torpore
la bestia.

Mi rende inerme,
e mi racchiude lentamente
dentro il...  leggi...

Terra Natia
Il richiamo è forte,
e io lo assecondo.

Vado là,
dove salde radici
avvinghiate alla terra,...  leggi...

In me tu vivi
E ti ritrovo qui.

Dove il vento non disperde
e l’eco dei tuoi giorni
ancora mi sorride.

Tu, zefiro gentile
come...  leggi...

Claretta Frau

Claretta Frau
 Le sue poesie

La prima poesia pubblicata:
 
Il pulsare della vita (05/07/2013)

L'ultima poesia pubblicata:
 
Il sentiero dell’anima (17/04/2024)

Claretta Frau vi propone:
 In me tu vivi (06/07/2013)
 Il giorno che verrà (10/08/2013)
 Il filo di Arianna (20/07/2013)

La poesia più letta:
 
In me tu vivi (06/07/2013, 7797 letture)

Claretta Frau ha 9 poesie nell'Albo d'oro.

Leggi la biografia di Claretta Frau!

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Un piccolo riccio intraprendente

Ragazzi

C’ era una volta un piccolo riccio dagli aculei spinosi che amava avventurarsi lungo i sentieri al margine del bosco.

Il piccolo che per natura era curioso e adorava vivere a contatto della natura, durante le scorribande notturne spesso si allontanava dalla famigliola con l’ intento di scovare qualcosa di appetitoso oltre gli insetti e i lombrichi di cui solitamente si cibava. Una notte arrivò all’ incrocio di due sentieri, qui si fermò e si trattenne un poco lungo il margine, dove la vegetazione era più fitta, perché era incerto su quale direzione prendere, e per meglio individuare da chi e da dove provenisse il leggero fruscio che gli era appena giunto alle orecchie. Sbirciò attraverso i cespugli e gli sembrò di scorgere un sasso muovere con lentezza, guardò con più attenzione e decise di uscire allo scoperto poiché aveva capito che il sasso, che aveva zampe e testa, non era altro che un’ innocua tartaruga.

Il piccolo riccio si avvicinò alla vecchia tartaruga, la quale, dopo le presentazioni di rito trovandolo simpatico e troppo piccolo per vagabondare tutto solo; lo invitò a seguirla.

Lo condusse a un pianoro recintato. Al centro del quale c’ era una vecchia abitazione in pietra. Intorno alla casa c’ era l’ orto. I due passando attraverso una piccola apertura del recinto lo raggiunsero e vi entrarono.

Per il riccio l’ orto era un mondo nuovo da scoprire. Dopo la lunga camminata sentiva il bisogno di bere e di mangiare, così, senza indugio, si diresse verso l’ insalata e cominciò ad assaporare le foglie tenere e fresche, quel terreno era pieno di delizie, c’ erano lumache, falene e verdura a volontà. I lombrichi erano più grassocci e saporiti di quelli del bosco.

Dopo aver mangiato a sazietà, il piccolo riccio seguendo l’ esempio della tartaruga scovò un posticino tranquillo vicino alla legnaia, si appallottolò e si mise a dormire che oramai era giunta l’ alba.

Si risvegliò la sera successiva al calare delle tenebre, con la voglia di sgranchire le zampette e riempire di nuovo lo stomaco. Il gatto della casa gli gironzolava intorno con la coda che teneva alta e sembrava un punto interrogativo. Lo annusava, ma non si avvicinava troppo. Forse aveva paura degli aculei che l’ animaletto ungeva con la saliva, la quale contiene una sostanza irritante che li rende più pericolosi o forse non aveva mai visto un riccio. Fatto sta che il gatto per un po’ balzò di qua e di là, si lanciò in brevi corse, poi perse l’ interesse e rivolse la sua attenzione a un topino che passava lì vicino e andò via.

Il riccio dopo il breve intermezzo fece un giretto d’ ispezione. Voleva vedere che fine aveva fatto la vecchia tartaruga. Si spinse fino alla casa che era ancora illuminata. Dall’ interno giungevano voci allegre di adulti e bambini. Per paura s’ intrufolò nell’ aiuola e da lì arrivò sotto il pergolato di glicine: grossi grappoli penzolavano curiosi sopra della ciotola del gatto, piena di croccantini. Il riccio arricciò il nasino umido. Guardò i grappoli, poi la ciottola, poi di nuovo i grappoli, infine tuffò il musino dentro la ciottola e in un baleno mangiò tutti i croccantini del gatto.

Passarono i giorni. Il piccolo riccio sembrava aver trovato un posto stabile dove abitare. Gli piacevano i nuovi amici, la vecchia tartaruga era saggia come una mamma, lo aveva aiutato a inserirsi nel nuovo ambiente elargendo consigli utili. Vedendo che gradiva il cibo del gatto gli aveva consigliato di non mangiare tutti i croccantini ma di lasciarne sempre a sufficienza per il felino e di evitare di bere il latte qualora ne avesse trovato nella ciotola, perché per lui poteva essere velenoso.

Gli abitanti della casa si erano accorti della sua presenza, ma dopo l’ iniziale preoccupazione per le verdure che trovavano mangiucchiate, avevano imparato a ignorarlo, dato che si erano accorti che il danno non era grave e quel piccolo animaletto era utile perché li aiutava a liberarsi degli insetti e da alcuni parassiti delle piante.

Gli umani dormivano di notte, il piccolo riccio durante il giorno, quindi erano rari i casi in cui potevano incontrarsi. La notte era animata dal frinire dei grilli, dal gracchiare delle rane in mezzo all’ erba umida, dal movimento silenzioso delle falene e il piccolo animaletto si muoveva sereno e in libertà divertendosi a cacciare.

I padroni di casa amavano il mare e le sere d’ estate andavano a pescare. Una sera di Luglio gli umani si ritrovarono con degli amici nel grande giardino, erano molto euforici, ridevano e scherzavano mentre preparavano la grande tavolata sotto il pergolato.

Erano rientrati dal mare con due grandi secchi e non facevano altro che strepitare. Qualcuno disse a voce alta « E vai! Stasera si mangiano i ricci!».

L’ ingenuo animaletto che si aggirava nei dintorni, a sentire quelle parole ebbe un tuffo al cuore. Non era possibile, non potevano essere così crudeli. I ricci erano suoi parenti, doveva fare qualcosa e subito, prima che mangiassero anche lui.

Approfittando della momentanea assenza degli umani che erano dentro la casa, indaffarati, il piccolo eroe si avvicinò ai secchi, chiamò i piccoli ricci, li supplicò di reagire e fuggire con lui, ma loro rimasero immobili e appallottolati e non reagirono al suo richiamo. Pensò che fossero un po’ diversi da lui, avevano anche uno strano odore ma questo, forse, dipendeva dal fatto che erano già morti e lui oramai non poteva fare più niente per loro.

Disperato ritornò a nascondersi dietro un vaso di gerani e non riuscì più a muoversi perché terrorizzato dalla paura. Gli umani portarono in tavola il pane, il vino, il limone, un’ enorme zuppiera fumante con spaghetti e ricci. Sentì qualcuno dire che li preferiva crudi, per cui pensò che stesse mangiandoli vivi e inorridì fino quasi a svenire.

Mentre gli umani continuavano i festeggiamenti banchettando con i resti dei poveri ricci, lui ebbe la forza di allontanarsi.

Che mondo crudele, che persone cattive. Doveva ritornare a casa, non poteva più stare in mezzo a dei mostri. Era quasi giunto al cancello quando incontrò la vecchia tartaruga, il piccolo non aveva più lacrime e con un filo di voce raccontò ciò che aveva visto. La vecchia e saggia tartaruga non lo interruppe, ascoltò il racconto sino alla fine, poi trattenendosi dal ridere e con la pacatezza che la distingueva, spiegò al tenero e inesperto animaletto la differenza che c’è fra un riccio di mare e uno di terra.

Il piccolo ascoltò con interesse, avrebbe voluto ringraziare, ma fu distratto da una raganella verde che era passata di lì saltellando e ricordando che quella sera non aveva ancora mangiato si apprestò a ritornare nell’ orto.

.

Claretta Frau 08/07/2021 20:53 910

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.

I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.

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